Interdizione, Inabilitazione e Amministrazione di Sostegno

L’ordinamento italiano prevede diverse misure a tutela delle persone prive in tutto o in parte di autonomia.
Esse sono: l’interdizione, l’inabilitazione e l’amministrazione di sostegno.

INTERDIZIONE
L’interdizione è una delle misure di protezione predisposta dall’ordinamento italiano a tutela dei soggetti, maggiorenni o minori emancipati, che si trovano in abituale stato di infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi (art. 414 c.c.).
In passato tali soggetti dovevano essere interdetti mentre oggi, a seguito della riforma operata dalla legge n. 6 del 9 gennaio 2004, essi sono interdetti solo quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione.
Eccezionalmente la legge prevede che il minore non emancipato, nell’ultimo anno della sua minore età, possa essere interdetto; in tal caso l’interdizione avrà comunque efficacia dal compimento della maggiore età(art. 416 c.c.).

Possono chiedere l’interdizione solo i seguenti soggetti:
l’interdicendo,
il coniuge,
la persona stabilmente convivente,
i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado,
il tutore o curatore ovvero il pubblico ministero.
Qualora l’interdicendo sia sotto la potestà o curatela dei genitori l’istanza può essere promossa esclusivamente da essi o dal pubblico ministero.

La domanda di interdizione si propone innanzi al tribunale del luogo ove l’interdicendo ha la residenza o il domicilio.
Come regola generale tutti gli atti compiuti dall’interdetto sono annullabili su istanza degli eredi o aventi causa e del tutore, ma la sentenza può prevedere che taluni atti di ordinaria amministrazione possano essere compiuti validamente e personalmente dall’interdetto senza l’intervento ovvero con l’assistenza del tutore (art. 427 c.c.).

INABILITAZIONE

L’inabilitazione è una misura a tutela di soggetti parzialmente incapaci di provvedere ai propri interessi.
Possono essere inabilitati:
-il soggetto maggiorenne che si trovi in stato di infermità di mente non talmente grave da far luogo all’interdizione,
– coloro che per prodigalità o abuso di sostanze stupefacenti o di alcolici espongano se stessi o la propria famiglia a gravi pregiudizi economici
– il sordo e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia che non abbiano ricevuto una sufficiente educazione ma siano comunque parzialmente capaci di provvedere ai propri interessi (art. 415 c.c.).
Come per l’interdizione, anche l’inabilitazione può essere chiesta per il minore non emancipato che si trovi nell’ultimo anno della minore età ed anche in tal caso gli effetti della pronuncia si avranno dal compimento della maggiore età (art. 416 c.c.).
Possono chiedere l’inabilitazione:
l’inabilitando,
il coniuge, l
a persona stabilmente convivente,
i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado,
il tutore o curatore ovvero il pubblico ministero.
Qualora l’inabilitando sia sotto la potestà o curatela dei genitori l’istanza può essere promossa esclusivamente da essi o dal pubblico ministero.
La domanda di interdizione si propone innanzi al tribunale del luogo ove l’inabilitando ha la residenza o il domicilio. Quando si chiede l’inabilitazione di un minore la domanda dovrà essere proposta innanzi al Tribunale per i minorenni. Qualora venga promosso un giudizio di interdizione, il giudice può d’ufficio pronunciare l’inabilitazione ove ne ritenga sussistenti i presupposti. Il giudice non può pronunciare l’inabilitazione se prima non ha proceduto all’audizione dell’inabilitando a seguito della quale, se lo ritenga necessario, può nominare un curatore provvisorio fintanto che si concluda il procedimento di inabilitazione (art. 419 c.c.).
L’inabilitato, una volta pronunciata la sentenza di inabilitazione, è equiparato al minore emancipato e può pertanto compiere validamente tutti gli atti di ordinaria amministrazione.
Il curatore assiste l’inabilitato nel compimento di tutti gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione (per i quali serve, in molti casi, anche l’autorizzazione del giudice tutelare).
Come regola generale tutti gli atti di straordinaria amministrazione compiuti senza le prescritte formalità sono annullabili su istanza degli eredi o aventi causa e del curatore, ma la sentenza può prevedere che taluni atti di straordinaria amministrazione possano essere compiuti validamente e personalmente dall’inabilitato (art. 427 c.c.).

AMMINISTRAZIONE DI SOSTEGNO
La funzione primaria di questo istituto è di tutelare quei soggetti che, a causa di una infermità o menomazione fisica o psichica, siano impossibilitati, anche solo parzialmente o temporaneamente, a provvedere ai propri interessi (art. 404 c.c.).
Rispetto all’interdizione ed all’inabilitazione tale forma di tutela è quella che limita meno di tutte la capacità di agire del soggetto tutelato.
Gli atti che devono essere compiuti dall’amministratore di sostegno in nome e per conto del beneficiario e quelli che possono essere compiuti dal beneficiario con l’assistenza dell’amministratore di sostegno sono indicati nel decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno.
Il beneficiario può sempre compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana nonché tutti gli altri atti non ricompresi nel decreto (art. 409 c.c.).
Gli atti compiuti dal beneficiario in violazione delle disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto sono annullabili su istanza del beneficiario, degli eredi o aventi causa, dell’amministratore di sostegno; il pubblico ministero, oltre tali soggetti, può chiedere l’annullamento degli atti compiuti dall’amministratore di sostegno in violazione del decreto e della legge (art. 412 c.c.).

DG Studio Legale © 2013 | Via Cardinale Pietro Maffi 28, Pisa | Tel. +39 050 556036 | Fax +39 050 550911 | P.IVA 01859410506
Powered by yStudium | Privacy Policy | Cookie Policy